Gaming e NFT

Questo post è un commento all’articolo “La città dove NFT e gaming sono diventati il nuovo Welfare” apparso il 13 dicembre 2021 su cieloterradesign.com.


Ho svariati problemi con quest’articolo, in particolare non si capisce quale sia l’innovazione portata dagli NFT in questo contesto, cosa che peraltro sono convinto sia un problema che si presenta spesso con la blockchain e i suoi derivati.

In ogni caso, creedo ci sia un limite di fondo dell’articolo, ovvero che presenta come nuovo qualcosa che in realtà esiste da svariati anni. Quello di cui parla l’articolo si chiama “farming”. Nei giochi online, il “farming” consiste nello spendere del tempo in-game a fare certe azioni con il solo fine acquisire oggetti (siano armi, oro, cavalcature, skin o altre risorse, o interi personaggi) da rivendere ad altri in cambio di denaro off-game, e quindi non per giocare per sé stessi. Non è un fenomeno nuovo, esiste da quando esistono i MMORPG (Massive Multiplayer Online Role-Playing Games) e senza bisogno di NFT. In italiano esiste il neologismo “farmare”. Addirittura c’è un riferimento alla compravendita esterna di oggetti nei giochi online in una puntata di The Big Bang Theory!

La differenza maggiore in questo gioco è che da quanto si legge nell’articolo pare che questa pratica sia accettata e addirittura incoraggiata dall’azienda che sviluppa il gioco. Invece, molte altre software house hanno per molto tempo visto questa pratica come un problema e quindi hanno contrastato il fenomeno, bannando chi lo praticava. Quindi i mercati in cui si scambiavano i “prodotti” del farming erano dei veri e propri mercati neri. L’atteggiamento di alcune aziende nei confronti del fenomeno è cambiato nel tempo e ora è più o meno regolamentato. World of Warcraft (WoW) e Starcraft sono due dei casi più famosi di giochi online con un florido mercato collegato. Questo articolo: “I’m Paid To Play World Of Warcraft All Day (And It Sucks)”, oltre a fornire un ampio contesto, contiene anche delle ottime fonti ad articoli del New York Times, Guardian, e NPR.

E, di nuovo, non vedo quale sia l’innovazione di usare degli NFT. Quali problemi vengono risolti dall’uso di NFT e blockchain che erano irrisolti? Mi pare di capire che siano questi token siano comunque emessi dall’azienda, ovvero non mi è chiaro se il mercato in cui vengono scambiati gli NFT del gioco sia esterno e gestito da terzi o meno. Questo sarebbe un enorme problema perché di fatto tutte queste persone che giocano per sopravvivere sarebbero completamente in balia delle decisioni dell’azienda sviluppatrice, altro che i “content creator” con Facebook e Google (sorry, Meta e Alphabet). E infatti lo dice l’articolo stesso: “Provoca un tuffo al cuore ascoltare due anziani commercianti raccontare di affidarsi a Dio perché Axie Infinity continui a esistere”. Mica sono scemi, chi c’è dentro se ne rende conto benissimo da solo.

A me pare che questo articolo sia per il 99% “spin”. Tolto il tono affascinato, sorpreso e decisamente lusinghiero rispetto a queste “nuove opportunità”, cosa rimane? La descrizione di un sistema che la gente è costretta a usare perché non ha altre possibilità. Cioè, dato che sono talmente poveri e il salario medio mensile è 200 $, siccome esiste un sistema che gliene fa guadagnare 300 c’è qualcuno che lo usa per tirare avanti. Sia chiaro, non ci vedo nulla di male nel guadagnare con il gaming. Seguo degli youtuber che fanno streaming di giochi su Twitch (giochi retro, NES e simili, se ve lo steste chiedendo), ma è un contesto completamente diverso. Non voglio andare fuori tema, ma mi sembra evidente che le differenze tra i “farmer” e i “gaming content creator” siano molte e sostanziali.
E senza arrivare agli youtuber, ho degli amici che hanno guadagnato qualche soldo vendendo personaggi di WoW ad altri. Semplicemente, hanno giocato – molte molte molte ore – e poi hanno deciso di vendere un loro personaggio, magari perché non era quello a cui erano più legati. Ci hanno fatto qualche soldo, niente di male. La differenza è che l’hanno fatto per guadagnare qualcosa extra dando via qualcosa che non gli interessava più, non per sopravvivere.
E, a proposito di spin, nell’articolo questa pratica non viene chiamata “farming”, termine che nel mondo del gaming ha il suo bagaglio, ma “play-to-earn” che non ho mai sentito prima. Mi sembra il classico caso dell’invertarsi una parola nuova che suona bene per chiamare qualcosa che esiste già, e ha una brutta fama, con un nome nuovo. O chi ha scritto l’articolo non sa molto di gaming e si è bevuto il marketing dell’azienda o ci sta marciando.

Ci sono poi delle affermazioni nell’articolo che secondo me non stanno né in cielo, né in terra e credo siano dettate da un mix di ignoranza generale sul mondo del gaming e dal non voler guardare in faccia questo fenomeno per quello che è. «Anil Lulla […] fa notare come Axie Infinity sia il primo prodotto nella storia a essere contemporaneamente un social network, un lavoro e una piattaforma educational dove imparare nuove skill.» Davvero? Come detto sopra, esistono da tempo giochi che la gente usava per guadagnare, mi piace che l’articolo si faccia un po’ di fact checking da solo citando il poker online, che per altro è un caso particolare essendo un gioco d’azzardo. Ovviamente tantissimi altri giochi online e MMORPG sono diventati delle reti sociali – in senso letterale di reti di relazioni tra persone, non di semplici “social network”. Conosco frotte di gente che si è conosciuta perché giocavano online, o partecipavano allo stesso forum, o contribuivano allo stesso progetto open. Tanta gente. Davvero è così una novità? Infine, questa idea che un posto dove ti insegnano delle strategie (“nuove skill”, nientemeno) per giocare sia considerato “un’università” e questo venga considerato sullo stesso piano di un percorso di formazione vero e proprio mi lascia un po’ basito. Tanto basito quanto se qualcuno mi dicesse che una laurea e il corso del guru che ti insegna i “trucchi per vincere a poker online” fossero equivalenti.
L’apoteosi, però, è nel titolo: “nuovo welfare”. E ancora: “[il gioco] unisce le caratteristiche di un Welfare privato (certo, con la differenza enorme che qui parliamo di gaming e non del reddito di cittadinanza)”? Davvero l’autore dell’articolo ci crede talmente tanto a questa cosa che si è raccontato da solo da mettere sullo stesso piano il farming con il reddito di cittadinanza?

Per farla brevissima, è molto probabile che i problemi che si sono presentati con il farming in altri giochi online esisteranno anche per questo gioco, NFT o meno. E nulla di tutto questo si può chiamare welfare.


L’immagine in anteprima è “NFT ping pong ball, bowling pins” di Jernej Furman ed è rilasciata con licenza Creative Commons – Attribuzione 2.0 via Flickr.